Cannabinoidi secondari promettenti contro Alzheimer e Parkinson
Un recente approfondimento scientifico apre nuove prospettive nel trattamento delle malattie neurodegenerative

Un recente approfondimento scientifico apre nuove prospettive nel trattamento delle malattie neurodegenerative, mettendo in evidenza il valore di alcuni cannabinoidi meno conosciuti presenti nella cannabis. A condurre l’analisi sono stati due ricercatori del Center for Dementia Research del Nathan Kline Institute for Psychiatric Research di New York, i quali hanno esplorato il potenziale terapeutico di sostanze finora poco studiate.
Lo studio non si è concentrato solo sui più noti THC e CBD, ma ha esteso l’attenzione a una varietà di fitocomposti, tra cui cannabinoidi minori, terpeni, flavonoidi e alcaloidi. Secondo i ricercatori, questi composti potrebbero offrire una gamma di effetti farmacologici con applicazioni innovative nel campo della neurologia.
Tra i cannabinoidi emergenti più promettenti figurano la tetraidrocannabivarina (THCV), il cannabigerolo (CBG) e la cannabidivarina (CBDV). Le loro proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e neuromodulatorie le rendono potenziali strumenti nel trattamento di disturbi come Parkinson, Alzheimer, epilessia, morbo di Huntington, oltre a condizioni legate alla dipendenza da sostanze e alcol.
Analizzando la letteratura scientifica attuale, gli autori dello studio hanno evidenziato effetti incoraggianti. Questi cannabinoidi minori, si legge nel report, potrebbero svolgere un ruolo importante nella protezione del sistema nervoso e nella regolazione dei processi infiammatori, aprendo così nuove strade terapeutiche.
Particolare attenzione è stata dedicata al CBG, che negli ultimi anni ha attratto l’interesse della comunità scientifica. Un primo studio clinico su questo composto ha mostrato risultati positivi nel trattamento dell’ansia e nella memoria, confermandone l’efficacia ansiolitica.
Anche la ricerca italiana ha contribuito a rafforzare l’interesse sul CBG. Una revisione pubblicata dall’Università di Messina alla fine del 2022 ha illustrato una serie di benefici associati a questa molecola: dalla riduzione della pressione intraoculare fino a effetti neuroprotettivi, antitumorali, dermatologici e stimolanti dell’appetito.
In sintesi, queste scoperte suggeriscono che l’universo dei cannabinoidi offre ancora molto da esplorare, e che sostanze finora trascurate potrebbero rivelarsi preziose nel trattamento di gravi patologie neurologiche.